Camminiamo lungo il bordo della strada, dove l’asfalto si
sbriciola mostrando i vecchi strati, dove si accalcano le erbacce e le immondizie.
Il sole è a picco e la superficie nera brucia e quasi si scioglie, diventa
densa e appiccicosa. Le macchine ci sfiorano. A gran velocità. Non faccio in
tempo a cogliere gli sguardi dei conducenti, ma li immagino curiosi,
diffidenti, deridenti. Certo, la strada non è fatta per camminare. La strada è
per le auto.
Camminiamo. Senza marce da scalare. Senza aria condizionata.
Senza poter abbassare i finestrini. Le folate arrivano quando è il vento a
deciderlo. E decide anche se sono raffiche fresche che ci portano un po’ di
refrigerio, oppure se sono calde come l’alito del deserto. Tra Cisterna di
Latina e Latina ci sono soltanto venti chilometri, ma sembrano dieci volte
tanto. Mi sembra che il tempo si sia fermato. Mi sembra che lo spazio si sia
fermato. Un passo dopo l’altro, ma non avanzo sotto il sole che scotta. Non ho
messo la crema solare sulle gambe, pensando che non mi sarei bruciato, e
tornerò a casa con delle ustioni. Per i prossimi giorni spalmerò una pomata
all’aloe e metterò i pantaloni lunghi. Così imparo.
Con un po’ più di accortezza non mi sarei bruciato. In
macchina non mi sarei bruciato. Il navigatore dice che tra Cisterna e Latina ci
vogliono quindici minuti, non di più. Noi siamo partiti alle otto e trenta, e
arriveremo sei ore più tardi. Percorriamo strade interne. Cerchiamo quelle meno
trafficate per sentirci più sicuri. Le auto corrono e sembra di stare a bordo
pista di un Gran Premio di Formula 1.
Il corpo si disidrata rapidamente. Le gambe diventano
pesanti. Gli alberi che ci regalano la loro ombra sono un dono prezioso. Sotto
uno di questi alberi, ci sdraiamo a riposare. Mi sembra di aver attraversato un
intero continente, ma sono solo dodici chilometri. Dodici, lungo strade a
scorrimento veloce, sterrate tra coltivazioni di kiwi, campi abbandonati,
canneti, fossi, cumuli di copertoni. Niente, in confronto a quanto ha camminato
Chris. Il suo viaggio è iniziato più di 1300 chilometri fa. 1300 chilometri
tutti a piedi. Non posso essere già stanco. Devo tenere duro. Prendo dallo
zaino un Gatorade e lo dividiamo. Mezzo litro per quattro persone. Sparisce
subito.
Camminiamo.
È questa, la velocità dell’uomo. Il movimento compiuto
dall’uomo che sale in macchina e si lascia trasportare dal motore è una
scorciatoia. È un inganno.
È anche un dato di fatto. Viviamo nell’epoca dei carburanti
fossili. Senza il petrolio, la nostra società non sarebbe come la vediamo oggi.
Impossibile, dunque, tornare a cento anni fa. E sciocco. Ma camminare ti offre
una prospettiva diversa dalla quale guardare il mondo. Tra Cisterna e Latina ci
sono venticinquemila passi. Ciascuno di questi passi mi avvicina alla meta e fa
crescere la distanza dal punto di partenza; eppure mi rendo conto che ciascun
passo non solo determina il mio futuro, ma ridisegna anche il mio passato.
Il passato è come una statua che è stata scolpita, una
statua sulla quale lo scultore non può più posare la punta del suo scalpello.
Il passato non è modificabile, il passato è stato
e non può più essere. Il modo in cui guardiamo quel passato, invece, cambia.
Cambiano gli occhi con cui guardiamo, cambiano le emozioni, e ho l’impressione
che allora cambi anche il passato, che cambi a seconda dell’istante presente.
Una luce diversa illumina la statua.
L’istante presente è il passo che compio. E poi c’è il passo
successivo, e poi il passo dopo ancora. Cammino, vado avanti, ma le strade che
percorro sono due: il mio presente e il mio passato. Le percorro
contemporaneamente. È tutto dentro di me. Dentro l’uomo che cammina. Fuori c’è
una strada assolata, una campagna gialla e immobile, un cielo profondo con un
occhio infuocato. Io cammino, e percorro i sentieri della mia anima. Scopro
qualcosa di me che prima non sapevo; che prima non vedevo. Perché non ne avevo
il tempo, perché non avevo la prospettiva giusta per vederlo.
Ai lati della carreggiata, le sterpaglie sono bruciate.
Sparsi intorno ci sono nugoli di bottiglie di birra, il vetro annerito dal
fuoco. Alcune sono scoppiate. Sono state gettate dalle auto in corsa,
inghiottite dai cespugli che poi sono arsi, e adesso stanno lì, rifiuti,
testimonianza d’inciviltà. Ecco, correte, bevete, gettate le vostre birre
vuote. Correte, e poi dite che non avete mai tempo. Volete più tempo? Allora
rallentate. Camminate.
Un invito obsoleto, che va contro il dogma della velocità
sul quale si fonda la nostra epoca. Eppure è paradossale: proprio oggi che
abbiamo annullato le distanze (una persona può compiere il giro del mondo in 24
ore, un’informazione può farlo in una frazione di secondo), abbiamo sempre meno
tempo.
Il tempo è la cosa più preziosa che abbiamo. Lo sapevo anche
prima della camminata tra Cisterna e Latina, ma quei venticinquemila passi e
quelle sei ore sotto il sole me lo hanno ricordato.
Un uomo sta percorrendo l’Italia a piedi.
È partito il 2 aprile di quest’anno, e completerà il suo
cammino a febbraio del 2017.
La sua è la più nobile delle azioni: fare del bene.
È un uomo che ho avuto l’onore e il piacere di accompagnare
in alcune delle sue tappe.
Leggete qui la sua
storia. La storia di #Marta4kids.
Chris, la strada da fare è ancora tanta, ma non
sei solo.